Il nostro studio legale si occupa prevalentemente di scuola e di diritto scolastico (mobilità, inserimento in graduatoria con punteggio e posizione di spettanza, riconoscimento diritti dei docenti precari, etc.), concorsi pubblici, lavoro e pubblico impiego, mobbing, diritti sindacali, pensioni e previdenza, responsabilità amministrativa, disciplinare e contabile.
Offriamo supporto legale anche in materia di autorizzazioni e concessioni, commercio, locazioni, espropriazioni per pubblica utilità, risarcimento danni e nelle questioni connesse alle acque pubbliche di competenza del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche (T.R.A.P.) e del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (T.S.A.P.).
Il nostro studio offre supporto e assistenza legale in tutto il territorio nazionale grazie ad una rete di collaboratori e di professionisti esterni in tutte le materie di nostra competenza. Nel caso in cui la controversia non possa essere instaurata a Milano o in Lombardia, un nostro collaboratore-avvocato di riferimento (domiciliatario) si occuperà di gestire le attività in loco (udienze o adempimenti vari) nella sede giudiziaria dove la causa dovrà essere instaurata per ragioni di competenza territoriale.
Invitiamo a contattare il nostro studio al numero telefonico 02.5455681 - dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle 15.00 alle 17.00 ovvero, e preferibilmente, via e-mail all’indirizzo info@studiolegalebarboni.it. Nella e-mail consigliamo di riassumere sinteticamente la questione e di inserire i propri dati personali (nome, cognome e recapiti telefonici). Verrete ricontattati il prima possibile ai recapiti indicati.
A tutte le persone che non possono sostenere economicamente gli oneri di un giudizio, è consentito richiedere l’assistenza di un avvocato a spese dello Stato come previsto dagli artt. 74, 76 e 92 del DPR 30/5/2002, n.115 (Testo Unico spese di giustizia). Per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato il richiedente deve essere titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a € 11.746,68 ex D.M. 23/7/2020 in GU n. 24 del 30/1/2021.
Teoricamente il nostro ordinamento prevede che in caso di vittoria il Giudice ponga i costi sostenuti, comprese le parcelle degli avvocati, a carico della parte soccombente; in realtà, se lo ritiene e per determinati motivi, il Giudice può ordinare la cosiddetta “compensazione delle spese”, il che significa che ciascuna parte si fa carico delle spese sostenute.
L’art. 40 del codice deontologico forense stabilisce che “l’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito all’atto dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzioni possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito sullo svolgimento del mandato affidatogli, quando lo reputi opportuno e ogni qualvolta l’assistito ne faccia richiesta. Se richiesto è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita sulle previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo”.
L'avvocato provvede ad informare il cliente sull’esito della causa, trasmettendo la sentenza emessa dal Giudice, sia essa favorevole o sfavorevole. In caso di sentenza favorevole, è opportuno attendere che questa divenga “cosa giudicata”. La sentenza definitiva dovrà essere applicata dalla parte soccombente.
In questo caso vengono predisposte istanze e/o diffide volte a sollecitare la doverosa esecuzione della sentenza e, nel caso in cui anche questo tentativo stragiudiziale non vada a buon fine, si può intervenire con un apposito ricorso giurisdizionale per ottenere dal Giudice l’ottemperanza della sentenza e la concreta applicazione di quanto in essa stabilito.
Consigliamo di consultare la sezione “Avvisi” del nostro sito web dove potete trovare tutti i ricorsi individuali e collettivi che promuoviamo regolarmente, con tutte le indicazioni riguardanti la modalità di adesione, la scadenza, la modulistica da inviare e, naturalmente, i termini e i costi dell’iniziativa.
Il diritto di accesso documentale può essere esercitato dai soggetti che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, in relazione al documento al quale è chiesto l’accesso (L. n. 241/1990 e ss.mm.ii). Tuttavia, oggi chiunque può accedere a documenti, dati ed informazioni detenuti dalla pubblica amministrazione, senza motivarne la richiesta, attraverso lo strumento dell’accesso civico generalizzato (d.lgs. n. 33/2013 e d.lgs. n. 97/2016).
L'amministrazione può impedire l'accesso rigettando espressamente la richiesta; decorsi inutilmente trenta giorni, quest’ultima si intenderà comunque rigettata. In caso di diniego, espresso o tacito, è possibile esperire - nel termine di ulteriori trenta giorni dal diniego - il ricorso al tribunale amministrativo regionale, al Difensore civico competente per ambito territoriale, oppure alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
I nostri legali analizzano e valutano ogni singolo caso al fine di ricercare eventuali vizi di legittimità del procedimento conclusosi con la bocciatura. Esaminata la questione e la documentazione, ove si ravvisino incongruenze, contraddizioni illogicità, può essere presentato un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per chiedere la sospensione del provvedimento di bocciatura,la ripetizione dello scrutinio e/o l’ammissione dello studente alla classe successiva.
Se il lavoratore ritiene che il provvedimento irrogatogli sia ingiusto o illegittimo, deve impugnarlo entro il termine di 60 giorni dalla comunicazione in forma scritta del licenziamento, trasmettendo al datore di lavoro un’istanza, in qualunque forma (raccomandata a/r, pec), con i motivi per i quali lo si contesta. Nei successivi 180 giorni il lavoratore deve depositare il ricorso al Tribunale del Lavoro competente. Ove possibile, in alternativa e per evitare l’instaurarsi del giudizio, si può cercare un accordo con il datore di lavoro (tentativo facoltativo di conciliazione) per risolvere bonariamente la questione.
Possono ricorrere al T.A.R. territorialmente competente coloro che abbiano interesse ad impugnare un qualsiasi atto amministrativo per motivi di legittimità entro il termine tassativo di 60 giorni dall’avvenuta conoscenza dell’atto che si intende impugnare. Nel ricorso si può chiedere anche la sospensione dell’atto impugnato, ove vi siano motivi gravi e irreparabili con una ragionevole prospettazione di fondatezza giuridica.
La sentenza del TAR definisce il giudizio di primo grado innanzi alla giustizia amministrativa e può essere contestata (appellata) con ricorso al Consiglio di Stato entro 60 giorni dalla notifica della sentenza oppure entro sei mesi dalla data di pubblicazione della stessa.
Si tratta di un rimedio alternativo: infatti, nei casi in cui non sia già stato proposto ricorso al TAR per gli stessi motivi, si può presentare ricorso al Presidente della Repubblica entro 120 giorni dalla data dell’avvenuta conoscenza dell’atto amministrativo che si vuole impugnare.
La domanda di ricostruzione carriera riguarda il personale di ruolo e può essere presentata alla scuola di titolarità dal 1° settembre al 31 dicembre di ogni anno scolastico. Attualmente la ricostruzione di carriera viene effettuata, secondo le norme vigenti, riconoscendo i primi 4 anni per intero (12 mesi) e solo i 2/3 (8 mesi) per il restante periodo. Sul punto è intervenuto un orientamento giurisprudenziale consolidato secondo cui viene riconosciuto per intero tutto il servizio pre-ruolo effettivamente svolto sia sotto il profilo giuridico che economico con il diritto a percepire le differenze stipendiali e contributive anche nel corso degli anni antecedenti all’immissione in ruolo.
In questi casi il rimedio da esperire è il ricorso alla Corte dei Conti, competente sui giudizi relativi a pensioni a carico dello Stato. Si può agire sia per l’esistenza stessa del diritto alla pensione che in relazione alla sua entità, oltre a quella degli accessori (tredicesima, interessi legali, rivalutazione). Il diritto alla pensione non si prescrive mai; al contrario, i singoli ratei di pensione si prescrivono dopo cinque anni decorrenti dal momento in cui è sorto il diritto al corretto ricalcolo del trattamento di quiescenza.
In alcuni casi il M.E.F. ingiunge il pagamento di somme che non tengono conto della prescrizione nel termine di dieci anni previsto dall’art.2946 c.c., in applicazione del quale avrebbe dovuto ingiungere il pagamento di una somma dalla quale va detratto il debito prescritto. In questi casi il rimedio esperibile è il ricorso contro il M.E.F per chiedere al Giudice di disapplicare il provvedimento di recupero di indebito in quanto illegittimo. Ciò che si richiede è la riduzione della somma richiesta a quanto effettivamente dovuto.
L’art. 55 bis del d.lgs. del Testo unico sul pubblico impiego (D.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e s.m.i.) prevede espressamente questa facoltà. I legali valuteranno se il procedimento disciplinare si è svolto regolarmente, nel rispetto dei termini e delle competenze previste dalla normativa vigente (in alcuni casi attribuite al Dirigente Scolastico, in altre all’Ufficio scolastico territoriale). Valutato ciò, viene predisposta una dettagliata memoria di difesa scritta e, ove opportuno, il dipendente verrà assistito personalmente in sede di audizione, da un legale o da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce. È bene sapere che l’Ufficio competente per i procedimenti disciplinari deve convocare il dipendente con un preavviso di almeno 20 giorni e che l’intero procedimento deve concludersi entro 120 giorni dalla contestazione dell'addebito.