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Requisiti

DIFETTO DI MOTIVAZIONE: E’ RIAMMESSA ALLE PROVE
Se il candidato di un concorso e di un esame, ammesso in virtù di un provvedimento giurisdizionale – anche cautelare - o amministrativo (proveniente dalla medesima autorità che indice il concorso o l’esame) supera le prove acquisisce il titolo in concorso ad ogni effetto, senza che occorra alcun altra pronuncia dell’autorità giurisdizionale o amministrativa. Sembra questo il nuovo orientamento del Consiglio di Stato in applicazione dall’art. 4, comma 2 bis, D.L. 30.6.2005 n. 115 convertito nella L. 17.8.2005 n. 168 ai sensi del quale: “Conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela” (ordinanza 30 agosto 2005 n. 4081).
La vicenda
La ricorrente aveva impugnato il diniego di ammissione alla prova orale dell’esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, deducendo una serie di vizi di illegittimità, tra i quali il difetto di motivazione - dal momento che, in mancanza di segni grafici in grado di evidenziare carenze ed imprecisioni, il solo voto numerico non pareva in grado di rendere palesi le ragioni che avevano indotto l'organo di valutazione ad esprimere un giudizio di insufficienza sulle prove scritte.
Il TAR adito aveva accolto l’istanza cautelare avanzata dalla ricorrente, disponendo la sua ammissione con riserva alla prova orale dell’esame di abilitazione; la candidata aveva quindi superato la prova orale. Nel merito, il tribunale accoglieva il ricorso disponendo la rinnovazione della valutazione delle prove scritte svolte dalla candidata ricorrente con l’attribuzione della votazione e la formulazione di un giudizio sintetico che desse conto delle eventuali carenze e lacune riscontrate nello svolgimento e nella preparazione della concorrente; oltre che l’annullamento dell’impugnato giudizio di mancata ammissione alla prova orale.
A seguito dell’appello del Ministero della Giustizia e della commissione d‘esame, nel quale si domandava l’annullamento previa sospensione dell’efficacia della sentenza citata, il Consiglio di Stato – con la decisione su riferita - ha respinto le istanze cautelari degli appellanti alla luce dall’art. 4, comma 2 bis, D.L. 30.6.2005 n. 115 convertito nella L. 17.8.2005 n. 168.
Le motivazioni
Vale la pena di ripercorrere brevemente l’iter logico seguito dal giudice di primo grado, per meglio comprendere la reale portata innovativa della disciplina di cui all’art. 4, comma 2 bis, citato.
Il giudice, in via preliminare, aveva osservato che l’esito positivo della prova orale non contribuisce a vanificare, né assorbe, il risultato negativo conseguito nella prova scritta dell’esame espresso dalla commissione giudicatrice, poiché il conseguimento dell’abilitazione presuppone anche il superamento della prova scritta. A conferma del proprio convincimento richiamava l’orientamento della giurisprudenza che, proprio in tema di ordinamento professionale forense, precisava che la misura cautelare dispiega un’efficacia interna al processo e non può essere intesa, in caso di esito positivo della prova orale, come recante un ordine di iscrizione all’albo degli avvocati, neppure sotto riserva di legge, residuando comunque un giudizio negativo sulle prove scritte che impedisce di considerare come superato l’intero esame (Cass.Civ., SS.UU., 24 giugno 2004, n.1175; Cons.St., Ad.Pl., 27 febbraio 2003, n.3; Cons.St., sez.IV, 6 maggio 2004, n. 2797). Diverso era l’orientamento espresso dalla giurisprudenza in materia di esami di maturità, circa la prevalenza dell’esito degli esami scritti ed orali, rispetto all’antecedente giudizio di diniego di ammissione all’esame formulato dal corpo dei docenti.
Fatta questa premessa, il collegio giudicante riteneva comunque di accogliere il ricorso aderendo alla censura della ricorrente di difetto di motivazione con riferimento alla ritenuta assoluta inadeguatezza del punteggio numerico a supportare il giudizio negativo formulato su alcune prove scritte della ricorrente. Ciò anche in considerazione del recente orientamento in tal senso del Consiglio di Stato (Cons.St., sez.VI, 3 aprile 2003, n.2331). La sentenza si limitava però a disporre l’annullamento dell’impugnato giudizio di mancata ammissione alla prova orale e la rinnovazione della valutazione delle prove scritte svolte dalla candidata ricorrente: solo ove la commissione avesse ribaltato il proprio giudizio negativo sulle prove scritte, la candidata avrebbe acquisito il titolo ad ogni effetto.
Il Consiglio di Stato, nella decisione n. 4081/2005 su citata, richiama invece l’art. 4, comma 2 bis, d.l. n. 115 del 2005 convertito nella L. n. 168 del 2005, il quale afferma che “Conseguono ad ogni effetto l'abilitazione professionale o il titolo per il quale concorrono i candidati, in possesso dei titoli per partecipare al concorso, che abbiano superato le prove d'esame scritte ed orali previste dal bando, anche se l'ammissione alle medesime o la ripetizione della valutazione da parte della commissione sia stata operata a seguito di provvedimenti giurisdizionali o di autotutela”. Con questa norma il legislatore sembra aver consacrato il superamento della su riferita posizione giurisprudenziale – sposata nella specie anche dal giudice di prime cure. E così, per effetto di quella legge, il Consiglio di Stato respinge le istanze dell’amministrazione appellante affermando che non vi è luogo a procedere alla sospensione della decisione del TAR – parrebbe perché, ai sensi della disposizione citata, la candidata ha ormai conseguito “a ogni effetto l’abilitazione professionale”. Posta l’indubbia novità della disposizione, occorre attendere altri contributi interpretativi e applicativi prima di poterne apprezzarne meglio la concreta portata.

Anna Nardone

Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 16 del 14- 27 ottobre 2005

Bando di concorso

LE MODIFICHE AI CONCORSI VANNO PUBBLICATE ALL’ALBO
Le modifiche o integrazioni alla disciplina prevista dal bando di un concorso pubblico sono legittimamente pubblicate all’albo, senza che occorra che siano comunicate personalmente ai partecipanti. La pubblicazione nelle stesse forme previste per la comunicazione dell’originario bando di concorso costituisce infatti la forma ufficiale e legale per portare a conoscenza degli interessati le modifiche intervenute. Così decide il Consiglio di Stato, aderendo ad un proprio precedente indirizzo (Cons. Stato, sez. V, 5.2.2009, n. 638).
La vicenda
Un candidato impugnava il bando di un concorso per l’assunzione su posti di pubblico impiego in quanto le originarie previsioni del bando stesso erano state integrate successivamente. In particolare, l’amministrazione aveva modificato le modalità di svolgimento della procedura selettiva, introducendo una prova scritta, e prevedendo la riapertura dei termini per la presentazione delle domande di partecipazione, senza provvedere alla comunicazione personale delle integrazioni agli originari partecipanti alla procedura, bensì pubblicandole nelle stesse forme previste per il bando originario. Il Consiglio di Stato giudica legittima la procedura adottata dall’amministrazione respingendo le ragioni del candidato – peraltro accolte dal giudice di primo grado.
Motivi della decisione
Il giudice, nel ritenere conforme a legittimità l’operato dell’amministrazione, nega che nella procedura concorsuale in oggetto possa ravvisarsi una violazione della c.d. legge speciale della procedura stessa, rappresentata dal bando – come lamentato dal candidato ricorrente. Al contrario, le operazioni selettive hanno puntualmente rispettato le prescrizioni del bando, posto che risulta documentalmente dimostrato che il suo originario testo veniva integrato, successivamente, mediante un atto con il quale l’amministrazione stabiliva di modificare le modalità di svolgimento della procedura selettiva, introducendo una prova scritta, concernente il diritto amministrativo e il diritto costituzionale, e la riapertura dei termini per presentare la domanda di partecipazione. Non solo, l’integrazione del bando era debitamente pubblicata, nelle stesse forme previste per la comunicazione dell’originario bando di concorso. A tale proposito, il Consiglio di Stato precisa che, non era necessaria alcuna comunicazione personale agli originari partecipanti alla procedura. Come costantemente affermato dal medesimo giudice – anche nelle decisioni più risalenti - la pubblicazione nell'albo di delibere con le quali si modifica la precedente disciplina prevista in un bando di concorso costituisce la forma ufficiale e legale per portare a conoscenza degli interessati le modifiche intervenute (cfr. ad esempio, Cons. Stato, sez. V, 15.1.1990 n. 32).
A proposito di concorsi pubblici, si ricorda – per inciso – che in giurisprudenza si è dibattuto a lungo su quale fosse il giudice, amministrativo ovvero ordinario, legittimato a decidere delle relative controversie. Dopo diverse oscillazioni tra soluzioni opposte, da ultimo le Sezioni Unite della Cassazione hanno assunto una posizione che sembrerebbe definitiva. Secondo questo orientamento, alla stregua dei principi enucleati dalla giurisprudenza costituzionale sul sistema di accesso concorsuale ai posti di pubblico impiego di cui all’art. 97, Cost., per procedure concorsuali di assunzione, attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo, si intendono quelle preordinate alla costituzione ex novo dei rapporti di lavoro (essendo tali le procedure aperte ai canditati esterni, ancorché vi partecipino anche soggetti già dipendenti pubblici) e i procedimenti concorsuali interni destinati a consentire l'inquadramento dei dipendenti in aree funzionali o categorie più elevate, profilandosi in tal caso una novazione dei rapporti lavorativi: tali procedure comportano infatti la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro, con la stipula di un nuovo contratto individuale e, contestualmente, un ampliamento della pianta organica. Al contrario, sono devolute alla giurisdizione residuale del giudice ordinario le controversie relative a procedure riguardanti le progressioni all'interno di ciascuna area professionale o categoria; infatti, i passaggi di qualifica all'interno della stessa area configurano semplici promozioni, secondo scelte proprie di qualunque datore di lavoro che agisce in termini di diritto privato, nell'ambito di rapporti di lavoro che non subiscono soluzioni di continuità.
Nella vicenda di cui è causa, il Consiglio di Stato ha anche modo di riaffermare ulteriori principi, rigettando le domande subordinate proposte dal candidato ricorrente. In particolare, quest’ultimo lamentava che l’amministrazione non gli avrebbe fatto conoscere tempestivamente la votazione conseguita, limitandosi a comunicargli l’esclusione dalle prove orali. Il Giudice osserva che l’eventuale ritardo dell’amministrazione nella comunicazione dei risultati delle prove scritte non determina, di per sé, alcuna illegittimità della procedura concorsuale, né indica alcuna presunta mancanza di accuratezza della correzione degli elaborati. Quanto all’asserito difetto di motivazione, prospettato dal medesimo candidato, il Collegio richiama l’orientamento secondo il quale il giudizio negativo della commissione di concorso risulta adeguatamente esternato attraverso il voto numerico attribuito all’interessato, sulla base di criteri predeterminati dall’amministrazione. Sul punto, si rammenta che esiste un indirizzo opposto in forza del quale permane per l’amministrazione l’obbligo di motivare il giudizio espresso attraverso la sola valutazione numerica, soprattutto quando tale giudizio sia negativo: in tali casi prevale il diritto a conoscere le ragioni per cui l’organo giudicante è pervenuto alla valutazione insufficiente al fine di fornire all’interessato idonei strumenti per esercitare il proprio diritto di difesa, oltre che a garanzia della trasparenza e del buon andamento dell’azione amministrativa.

Anna Nardone

Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 6 del 20 marzo - 2 aprile 2009.

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