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Scuole paritarie

DIPLOMIFICI SOTTO OSSERVAZIONE

(Maggiori controlli anche per tutelare chi opera nella trasparenza)

La giurisprudenza ha avuto spesso occasione di occuparsi di questioni di revoca della parità disposta nei confronti di istituti scolatici per riscontrata perdita dei requisiti di legge.
Come ricordato, infatti, gli Uffici Scolastici Regionali accertano la permanenza dei requisiti prescritti mediante periodiche verifiche, e nel caso in cui sia rilevata la sopravvenuta carenza di uno o più dei requisiti richiesti, invitano la scuola a ripristinare il requisito o i requisiti mancanti, assegnando il relativo termine. Scaduto il termine assegnato senza che la scuola abbia provveduto a ripristinare il requisito, provvedono alla revoca della parità.
Tra le carenze più spesso riscontrate si rilevano l’assenteismo degli allievi; il difetto di titoli di abilitazione da parte dei docenti; la mancanza di risorse strumentali adeguate e conformi agli ordinamenti vigenti.
Sul punto dell’assenteismo, si è pronunciata la giurisprudenza del Consiglio di Stato ritenendo “legittimo il provvedimento di revoca della parità scolastica disposto nei confronti di un istituto paritario caratterizzato da un assenteismo degli allievi particolarmente diffuso, atteso che l'ordinata ed assidua frequenza delle lezioni costituisce, nell'ordinamento proprio delle scuole secondarie, un aspetto essenziale dell'organizzazione scolastica, la cui carenza non può non influire in modo negativo sull'efficienza dell'azione didattica e, quindi, sul livello del profitto degli studenti iscritti” (Consiglio Stato, sez. VI, 28 gennaio 2009 n. 486).
Anche i Tar hanno confermato il medesimo orientamento, sulla base della considerazione che “Se è pur vero che fra i requisiti richiesti dalla legge n. 62/2000 per il riconoscimento della parità non vi è quello della frequenza assidua e continua da parte degli alunni, appare però evidente che il legislatore ha ritenuto tale condizione implicita nel concetto stesso di “scuola”, non potendo aspirare alla parità – e quindi a concorrere a formare il sistema nazionale di istruzione – una realtà educativa che non pone la continua partecipazione alle lezioni quale proprio carattere imprescindibile (si ricordi del resto che, stante l’art. 3 del DPR n. 249/1998, sullo statuto degli studenti della scuola secondaria, questi ultimi hanno il preciso dovere di frequentare regolarmente i corsi e di assolvere assiduamente agli impegni di studio)” (TAR Lombardia, Sez. IV, 22 febbraio 2007 n. 350).
Quanto all’invito a mettersi in regola, che secondo le norme vigenti dovrebbe precedere a pena di illegittimità, l’emanazione del provvedimento di revoca della parità, esiste poi un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui la disposizione “secondo la quale, in caso di accertamento negativo di uno o più requisiti per la parità scolastica, il dirigente dell'Ufficio scolastico indica gli interventi idonei al tempestivo ripristino dei requisiti mancanti, assegnando un congruo termine, è dettata per le violazioni sanabili, ma non è applicabile per irregolarità quali l'assenza o carenza di iscritti o la scarsa frequenza degli allievi” (cfr. TAR Calabria, Catanzaro, 10 giugno 2010 n. 1092; TAR Puglia Lecce, sez. II, 5 febbraio 2008 , n. 356).
Altro profilo di cui si è occupata la giurisprudenza amministrativa è quello relativo alla norma regolamentare che prevedeva (DM 267/2007) il criterio perentorio del numero di alunni non inferiore ad otto per la formazione delle classi, imposto al gestore che voglia conseguire la parità scolastica ovvero mantenerla. Il TAR Lazio, con sentenza n. 7265 del 21.7.2009, ha giudicato che il requisito del numero di alunni per classe non inferiore ad otto, di cui alla disposizione ministeriale sia un criterio indicativo e derogabile, ove esigenze organizzatorie procedimentali e strumentali alla realizzazione della garanzia dell’intero iter scolastico nella scuola paritaria lo richiedano; ciò per evitare che il medesimo si trasformi in un criterio requisito aggiuntivo, non previsto e non conforme a legge.

Domenico Barboni

(Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 6 del 18 - 31 marzo 2011)

 

PARITARIE, ECCO I REQUISITI
(Gli istituti riconosciuti fanno parte del sistema nazionale di istruzione)

Nell’attuale sistema nazionale di istruzione trovano posto le scuole statali e le scuole paritarie, le quali assolvono ad un servizio pubblico, e possiedono l’abilitazione a rilasciare titoli di studio con valore legale; Per questo motivo, sono soggette alla vigilanza sempre più stringente da parte del Ministero della pubblica istruzione, per garantire la trasparenza e soprattutto salvaguardare la reputazione dell’istruzione paritaria.
Si premette che le scuole non paritarie sono quelle scuole che esprimono la volontà di essere inserite in appositi elenchi regionali, previa documentazione di un progetto educativo e di un piano dell’offerta formativa; della disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche idonei in relazione al tipo di scuola e conformi alle norme vigenti in materia di igiene e sicurezza - con superamento degli istituti della presa d’atto, del riconoscimento legale e dell’autorizzazione al funzionamento.
Le scuole paritarie sono invece quelle istituzioni scolastiche che, a partire dalla scuola dell’infanzia, sono coerenti con gli ordinamenti generali dell’istruzione e posseggono i requisiti fissati dalla legge: in particolare, un piano educativo e formativo in armonia con i princìpi della Costituzione e dell’ordinamento; disponibilità di locali, arredi e attrezzature adeguati; organi collegiali democratici; l’iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purché in possesso di un titolo di studio valido, anche con handicap o in condizioni di svantaggio; l'organica costituzione di corsi completi; personale docente fornito del titolo di abilitazione; contratti individuali di lavoro che rispettino i contratti collettivi nazionali. Il riconoscimento della parità scolastica inserisce la scuola paritaria nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi lo stesso valore dei titoli rilasciati da scuole statali e, più in generale, impegna le scuole paritarie a contribuire alla realizzazione della finalità di istruzione ed educazione che la Costituzione assegna alla scuola. Anche alle scuole paritarie si applica il calendario scolastico definito da ogni Regione nel rispetto delle date fissate dal Ministero per gli esami di Stato; sono sede di esami di Stato conclusivi dei corsi di studio, anche per i candidati esterni, fermo il divieto per i candidati che abbiano effettuato la preparazione in scuole o corsi di sostenere gli esami conclusivi presso scuole paritarie che dipendono dallo stesso gestore.
Le scuole che hanno conseguito la parità sono assoggettate al potere di vigilanza amministrativo: gli Uffici Scolastici Regionali accertano infatti la permanenza dei requisiti prescritti mediante periodiche verifiche, e nel caso in cui sia accertata la sopravvenuta carenza di uno o più dei requisiti richiesti, invitano la scuola a ripristinare il requisito o i requisiti mancanti, assegnando il relativo termine. Scaduto il termine assegnato senza che la scuola abbia provveduto a ripristinare il requisito, provvedono alla revoca della parità.
A proposito di detta vigilanza, negli ultimi anni il Ministero della pubblica istruzione ha condotto ispezioni sempre più capillari presso le scuole paritarie, mirate a verificare la regolarità degli esami di Stato, e a controllare il rispetto delle prescrizioni di legge. Si è trattato di interventi di vasta portata, che hanno talora portato al riscontro di irregolarità talmente gravi da indurre alla revoca della parità.
Nell’intenzione ministeriale, queste operazioni trasparenza rendono un servizio a tutta la scuola, soprattutto alle scuole paritarie serie, che sono la stragrande maggioranza, da anni impegnate per garantire agli studenti e alle famiglie prestazioni di qualità.
La revoca della parità comporta, per gli istituti scolastici destinatari del provvedimento, la perdita della possibilità di rilasciare titoli di studio muniti di valore legale, ed anche, evidentemente, di essere sede di esame di Stato. Nonostante questa operazione trasparenza abbia portato alla luce un quadro non sempre edificante, il Governo continua a credere nell’importanza della funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, con incrementi delle somme da destinare al sostegno delle scuole paritarie, in via prioritaria a quelle che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro, secondo il seguente ordine di priorita': scuole dell'infanzia, scuole primarie e scuole secondarie di primo e secondo grado.
Ancora nel gennaio di quest’anno, di fronte all’ennesimo caso di c.d. diplomificio, il Ministro ha annunciato controlli serrati e tolleranza zero per verificare la qualità, il corretto funzionamento e l’affidabilità di ogni singolo istituto privato. Si tratta di un giro di vite necessario per garantire la trasparenza e per salvaguardare la reputazione dell’istruzione paritaria.

Domenico Barboni

Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 6 del 18 - 31 marzo 2011

 

PROMOZIONE VINCOLATA ALL’ESAME PER GLI ALUNNI DELLE NON PARITARIE

Gli alunni che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione, frequentano scuole non statali non paritarie oppure si avvalgono di istruzione parentale, ai fini dell’ammissione alla classe successiva o al successivo grado di istruzione, devono sostenere esami di idoneità o di licenza presso una scuola statale o paritaria, annualmente, ovvero – per quelli provenienti da scuola non statale non paritaria - al termine della scuola primaria o in caso di passaggio a scuole statali o paritarie.
Il Ministero dell’istruzione, con recente circolare 27 del 5 aprile 2011, in vista della conclusione dell’anno scolastico, ha fornito disposizioni - da considerare valide anche per i prossimi anni scolastici - per i candidati esterni che intendono sostenere gli esami di idoneità o di licenza nelle scuole statali e paritarie del primo ciclo di istruzione (già scuole elementari e medie).
Destinatari delle disposizioni sono quegli studenti che hanno scelto di assolvere all’obbligo scolastico con forme di istruzione alternative alla scuola statale e paritaria, frequentando istituti non paritari oppure avvalendosi dell’istruzione domestica. In questi casi, i genitori - comunque tenuti (per l’istruzione famigliare) a fornire annualmente relativa comunicazione preventiva al dirigente scolastico del territorio di residenza - devono chiedere entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento di sostenere in qualità di candidati esterni gli esami di idoneità o di licenza presso una scuola statale o paritaria, ai fini dell’ammissione alla classe successiva o al successivo grado di istruzione,
In particolare, per i candidati esterni provenienti da istruzione parentale l’esame di idoneità, ai fini dell’accertamento dell’assolvimento dell’obbligo di istruzione, è dovuto annualmente, mentre per quelli provenienti da scuola non statale non paritaria l’esame di idoneità è previsto soltanto al termine della scuola primaria (già elementare) o in caso di passaggio a scuole statali o paritarie.
Non possono sostenere gli esami di idoneità e di Stato in qualità di candidati esterni, al termine dell’anno scolastico coloro che abbiano frequentato, nel medesimo anno scolastico, da alunni interni una classe di scuola statale o paritaria - salvo si siano ritirati prima del 15 marzo.
Sono sedi d’esame esclusivamente le scuole statali o paritarie. Gli alunni provenienti da istruzione parentale, di norma, sostengono l’esame presso una scuola statale o paritaria ubicata nel territorio di residenza. Gli alunni frequentanti una scuola non statale non paritaria, di norma, sostengono l’esame presso una scuola statale o paritaria ubicata nello stesso territorio in cui si trova la scuola non statale frequentata.
Le scuole paritarie non possono svolgere esami di idoneità e di Stato per alunni che abbiano frequentato scuole non statali e non paritarie che dipendano dallo stesso gestore o da altro con cui il gestore abbia comunque comunanza di interessi; per candidati che abbiano effettuato la preparazione in corsi che dipendano dallo stesso gestore della scuola paritaria o da altro avente comunanza di interessi.
La commissione per l’esame di idoneità a classi della scuola primaria o alla classe del primo anno della scuola secondaria di primo grado è composta da due docenti designati dal dirigente scolastico. La commissione per l’esame di idoneità alle classi seconda e terza della scuola secondaria di primo grado, presieduta dal dirigente scolastico o da suo delegato, è composta da un numero di docenti corrispondente al consiglio di classe tipo della scuola, designati dal dirigente scolastico.
Le prove degli esami di idoneità vertono sui piani di studio delle classi per le quali i candidati non siano in possesso di promozione o di idoneità.
L’esame di idoneità alle classi della scuola primaria e alla prima classe della scuola secondaria di I grado consiste in due prove scritte, riguardanti, rispettivamente l’area linguistica e l’area matematica ed in un colloquio inteso ad accertare l’idoneità dell’alunno alla frequenza della classe per la quale sostiene l’esame.
L’esame di idoneità alle classi seconda e terza della scuola secondaria di I grado consiste nelle prove scritte di italiano, di matematica e della prima lingua comunitaria adottata dalla scuola sede di esame, nonché in un colloquio pluridisciplinare su tutte le materie di studio.
La valutazione delle prove è effettuata collegialmente dalle commissioni con l’attribuzione, a maggioranza, di voti numerici espressi in decimi. L’esame è superato se il candidato ottiene almeno sei/decimi in ogni prova d’esame.
I candidati il cui esame abbia avuto esito negativo, possono essere ammessi a frequentare altra classe inferiore, a giudizio della commissione esaminatrice.
L’esito degli esami di idoneità è pubblicato all’albo della scuola con al sola indicazione: idoneo/non idoneo alla classe. Al candidato che supera l’esame di idoneità viene rilasciato un certificato recante indicazione dell’esito dell’esame sostenuto e dei voti attribuiti alle singole prove.

Domenico Barboni

Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 10 del 13 - 26 maggio 2011

 

Commento giurisprudenziale

CON TROPPI ASSENTEISTI REVOCA DELLA PARITA’
(Didattica negata: la mancata presenza degli alunni fa scattare sanzioni a carico dell’istituto)

E’ legittimo il provvedimento di revoca della parità scolastica disposto nei confronti di un istituto paritario caratterizzato da un assenteismo degli allievi particolarmente diffuso, atteso che l’ordinata ed assidua frequenza delle lezioni costituisce, nell’ordinamento proprio delle scuole secondarie, un aspetto essenziale dell’organizzazione scolastica, la cui carenza non può non influire in modo negativo sull’efficienza dell’azione didattica e, quindi, sul livello del profitto degli studenti iscritti.
Così decide il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, con sentenza del 10.6.2010 n. 1092, seguendo un orientamento già espresso dal Consiglio di Stato in precedenza (cfr. Consiglio Stato, sez. VI, 28.1.2009 , n. 486).
La vicenda
Il Ministero della pubblica istruzione, in asserita applicazione delle norme vigenti, revocava lo status di scuola paritaria nei confronti di un istituto tecnico commerciale non statale. La scuola interessata impugnava il suddetto provvedimento, chiedendone l’annullamento, per difetto di motivazione, considerato anche che nel precedente anno scolastico tutti gli allievi della scuola ammessi all’esame di maturità avevano conseguito il diploma. Peraltro, sulla base di tale argomentazioni, il TAR aveva sospeso l’analoga revoca della parità disposta dal Ministero l’anno precedente, perché i risultati conseguiti dagli allievi – tutti gli esami di maturità superati – dimostravano che la scuola non era meramente virtuale e che l’atto impugnato era in contraddizione con l’esito di detti esami statali di maturità.
Il Tribunale Amministrativo adito – ritenuto, tra l’altro, non pertinente con la vicenda di causa l’argomento dedotto dalla scuola - respinge il ricorso confermando la legittimità della revoca.
Motivi della decisione
Rileva il Collegio che il provvedimento impugnato prende le mosse da una contestazione di irregolarità didattiche e amministrative facente seguito ad una visita ispettiva effettuata dal Ministero. Nonostante le segnalazioni dell’amministrazione dell’istruzione, la scuola non provvedeva a rimuovere gli inconvenienti denunciati, manifestando la pervicace volontà di rimanere nella situazione di illegittimità denunciata.
Il provvedimento di revoca della parità infatti, evidenzia ben 11 violazioni di norme da parte della scuola interessata, e motiva l’irrogazione della sanzione con la considerazione che le violazioni di legge sono continue e sistematiche, per cui l’istituto scolastico si configura come scuola meramente virtuale, senza alunni frequentanti e priva dei più elementari requisiti di funzionamento, dal personale alla struttura ed alle norme di sicurezza.
Rileva il Collegio che tra le contestazioni mosse alla scuola viene per prima evidenziata quella riferita alla quasi totale assenza degli allievi alle lezioni.
Sul punto si è già pronunciata, con condivisibile decisione, la giurisprudenza del Consiglio di Stato, ritenendo “legittimo il provvedimento di revoca della parità scolastica disposto nei confronti di un istituto paritario caratterizzato da un assenteismo degli allievi particolarmente diffuso, atteso che l’ordinata ed assidua frequenza delle lezioni costituisce, nell’ordinamento proprio delle scuole secondarie, un aspetto essenziale dell’organizzazione scolastica, la cui carenza non può non influire in modo negativo sull’efficienza dell’azione didattica e, quindi, sul livello del profitto degli studenti iscritti.” (Consiglio Stato , sez. VI, 28 gennaio 2009 , n. 486).
A ciò s’aggiunga la violazione della disposizione di legge sulla parità scolastica (l. n. 62/2000) che tra i vari requisiti per il riconoscimento della parità, espressamente indica la presenza di personale docente fornito del titolo di abilitazione: nell’Istituto in questione un terzo dei docenti in servizio non è munita del prescritto titolo di abilitazione.
Il giudice richiama poi il motivo con il quale la scuola ricorrente deduce eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà, in quanto già nel precedente anno scolastico il Ministero aveva tentato di chiudere la scuola, con provvedimento poi sospeso dal TAR, laddove i risultati conseguiti dagli allievi – tutti gli esami di maturità superati- dimostrerebbero che la scuola non è meramente virtuale; l’atto impugnato, quindi, sarebbe in contraddizione con l’esito degli esami statali di maturità.
Il Collegio osserva che nell’attuale giudizio non possono rilevare le vicende del pregresso anno scolastico, né i risultati conseguiti dagli allievi nel precedente anno. Ciò che è decisivo è l’accertamento della gravità delle violazioni, riferite all’anno scolastico di riferimento, che il Ministero ha ritenuto, legittimamente per le ragioni già esposte, tali da giustificare la revoca della parificazione e la chiusura della scuola.
Infine, il TAR confuta l’ultimo motivo di ricorso col quale l’istituto già paritario censurava il provvedimento per eccesso di potere e violazione delle regole sul contraddittorio, posto che si sarebbe decisa la sanzione senza dare alla scuola interessata la possibilità di rimuovere gli ostacoli al mantenimento della parità.
Rileva il Tribunale adito che il contraddittorio risulta regolarmente instaurato, con tanto di contestazioni ministeriali e repliche, senza peraltro alcun impegno della scuola a rimuovere tutte le disfunzioni didattiche segnalate. Quanto al mancato invito a mettersi in regola, che secondo la ricorrente avrebbe dovuto precedere, a pena di illegittimità, l’emanazione del provvedimento di revoca della parità, il Giudice richiama il condivisibile orientamento giurisprudenziale secondo cui la disposizione secondo la quale in caso di accertamento negativo di uno o più requisiti per la parità scolastica il dirigente dell’Ufficio scolastico indica gli interventi idonei al tempestivo ripristino dei requisiti mancanti, assegnando un congruo termine, è dettata per le violazioni sanabili, ma non è applicabile per irregolarità quali l’assenza o carenza di iscritti o la scarsa frequenza degli allievi (cfr. T.A.R. Puglia Lecce, sez. II, 05 febbraio 2008 , n. 356).
In conclusione, il ricorso viene respinto per l’infondatezza di tutti i motivi dedotti.

Anna Nardone
Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 18 del 29 ottobre – 11 novembre 2010

 

SALTA PER LE PRIVATE IL VINCOLO ALUNNI-CLASSE

E’ annullata la norma del Regolamento di disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica (approvato con DM 267/2007) nella parte in cui prevede il criterio perentorio del numero di alunni non inferiore ad otto per la formazione delle classi, imposto al gestore che voglia conseguire la parità scolastica ovvero mantenerla. Così ha deciso il TAR Lazio con sentenza n. 7265 del 21.7.2009 – accogliendo in parte il ricorso proposto dalla Federazione Italiana Istituti Non Statali di Educazione e di Istruzione (FIINSEI), e dalla Federazione Italiana Licei Linguistici e Istituti Non Statali (FILINS). Il dispositivo della sentenza citata comporta l’effetto di rendere il requisito del numero di alunni per classe non inferiore ad otto, di cui alla disposizione ministeriale citata, un criterio indicativo e derogabile, ove esigenze organizzatorie procedimentali e strumentali alla realizzazione della garanzia dell’intero iter scolastico nella scuola paritaria lo richiedano. Ciò per evitare che il medesimo si trasformi in un criterio requisito aggiuntivo, non previsto e non conforme a legge.
Per l’effetto, - allo stato, salvi eventuali impugnative e/o futuri interventi normativi da parte del Ministero – parrebbe che necessità di tipo organizzativo o didattico potranno essere rappresentate e documentate all’amministrazione dal gestore dell’istituto paritario a giustificazione di eventuali deroghe a detto dato numerico, e quindi apprezzate dall’Ufficio Scolastico al fine di assumere un motivato provvedimento sul riconoscimento ovvero mantenimento della parità.
La vicenda
Le federazioni indicate impugnavano il Regolamento di disciplina delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento (approvato con DM 267/2007). Deducevano l’illegittimità della norma relativa all’impegno - per il gestore - a formare classi composte da un numero di alunni non inferiore ad otto, per rendere efficace l’organizzazione degli insegnamenti e delle attività didattiche. Ciò sotto il principale profilo che la legge n. 62/2000, nel dettare per la prima volta le norme sulla parità scolastica, non aveva previsto tra i requisiti per il riconoscimento della parità quello relativo ad un numero minimo di alunni per classe.
Il TAR Lazio adito dalle associazioni ricorrerti ha accolto il gravame limitatamente al profilo di doglianza indicato, con l’effetto - su riferito – di cancellare l’inderogabilità del requisito del numero di alunni per classe non inferiore ad otto.
Motivi della decisione
Secondo le federazioni ricorrenti il vizio di illegittimità della disposizione regolamentare consisteva nell’aver introdotto un requisito, quello del numero minimo di alunni necessario a formare una classe, non previsto delle leggi di riferimento. Di più, sostenere che un numero di alunni non inferiore a otto garantisca la serietà del servizio sia in termini di qualità dell’offerta formativa, sia di perseguimento degli obiettivi fondamentali del sistema, sarebbe invero prescrizione del tutto illogica – come più volte affermato dalla giurisprudenza. Anche recentemente il Consiglio di Stato, Sez. VI, con sentenza n. 1394/09 ha ribadito che per le scuole paritarie non esistono riferimenti alla consistenza numerica delle classi, e che quello del numero degli alunni è problema soprattutto correlato ad esigenze di contenimento di spesa ed alle scelte organizzative della didattica, entrambe rimesse alla libera decisione della scuola privata e che l’autorità amministrativa non può unilateralmente imporre (limite questo che può al più essere un criterio tendenziale da prendere in considerazione con cautela e senza che divenga discrimine per il riconoscimento della parità).
Al contrario, il Ministero sosteneva in giudizio che il limite del numero minimo avrebbe una funzione strumentale di garanzia della effettività del principio, fissato dal legislatore, secondo cui la parità è riconosciuta a condizione che i corsi istituiti dalle scuole non statali siano completi. Il criterio censurato si collegherebbe all’esigenza di evitare che le scuole paritarie diventino sede privilegiata di esami a scapito della serietà dell’esame di Stato, ossia il fenomeno degenerativo dei c.d. “diplomifici”. In sostanza, poiché dopo la citata legge 62/2000 le scuole paritaria (private, e degli enti locali) costituiscono, insieme alle scuole statali, il sistema nazionale di istruzione, secondo il modello pluralistico integrato prefigurato dall’art. 33 della Costituzione, il requisito relativo al numero minimo di alunni per classe si inquadra nell’ambito degli strumenti con cui lo Stato intende assicurare che il servizio pubblico svolto dalle scuole paritarie risponda agli standards generali fissati dalla legge e sia assoggettato alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale.
Il TAR Lazio, nell’accogliere il profilo di doglianza delle associazioni ricorrenti, osserva che è pur vero che la potestà regolamentare che in questa sede viene censurata non è legittimata dalla legge ad introdurre surrettiziamente requisiti (quale quello del numero minimo di alunni necessario a formare una classe) non previsti dalle leggi di riferimento, attenendo l’esercizio di tale potestà normativa secondaria alle sole modalità procedimentali per il riconoscimento ed il mantenimento della parità scolastica, ma ciò non vuol dire che il numero minimo di alunni necessario a formare una classe non possa essere introdotto in sede di normazione secondaria quale criterio procedimentale e strumentale. Ciò che invece non può trovare ingresso nell’esercizio di detta potestà regolamentare è la perentorietà del più volte citato criterio organizzatorio procedimentale, nella misura in cui lo stesso da criterio organizzatorio procedimentale si trasforma in requisito aggiuntivo non previsto e non conforme a legge. Pertanto, il Giudice annulla la norma ministeriale impugnata proprio nella parte in cui non esclude la perentorietà della previsione della formazione di classi composte da un numero di alunni non inferiore a otto.

Anna Nardone
Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 18 del 23 ott. – 5 nov. 2009

 

COLLABORAZIONI DISCIPLINATE
Le scuole private non sono tenute al rispetto della disciplina dei rapporti individuali di lavoro contenute nella contrattazione collettiva nazionale, che al contrario vincola le scuole pubbliche – statali e paritarie. In particolare, le istituzioni private possono attivare contratti di collaborazione con i docenti, mentre nelle scuole pubbliche il massimo della flessibilità per il personale insegnante è dato dal contratto a tempo determinato. Ciò dava vita, nel recente passato, ad un intrico di rapporti di lavoro subordinato e collaborazioni nel settore dell’istruzione privata, che da tempo reclamava un intervento chiarificatore dello Stato. Con una circolare del ministero del lavoro del 2006 sono stati così fissati alcuni criteri per controllare il corretto ricorso alle collaborazioni nelle aziende, ed anche negli istituti non statali. Tale intervento si era necessario soprattutto dopo che l'entrata in vigore della riforma Biagi del mercato del lavoro aveva definitivamente congedato le co.co.co, sostituite con i contratti a progetto, una forma di lavoro flessibile a cui le imprese possono ricorrere solo per attività non ripetitive e non predeterminate, e che, soprattutto, non coincidono con l'oggetto principale dell'attività d'impresa; che necessitano di un contratto in forma scritta, che definisca le prestazioni e il compenso. Tali paletti, desunti e desumibili dalla riforma Biagi, non erano però bastati, secondo le denunce sindacali, a evitare abusi; e tra i settori sotto accusa c’erano in particolare le scuole private. Secondo le norme ministeriali richiamate, e in ottemperanza alle disposizioni della legge di riforma, presso le scuole non statali i rapporti di collaborazione – nella nuova forma di contratto a progetto – possono essere istaurati solo per discipline non curriculari: al contrario, per le materie del curriculum obbligatorio devono essere creati rapporti di lavoro subordinato, anche per i contratti a tempo determinato. Con la conseguenza che due docenti precari di un istituto privato possono avere una collaborazione o un rapporto subordinato, con differenti regimi retributivi e contributivi, a seconda della materia che insegnano. Le norme citate prevedono anche ispettori che controllino il rispetto dei principi affermati, attraverso attente verifiche sulle tipologie di contratto utilizzate nei confronti degli insegnanti, soprattutto di quelli assunti a tempo determinato.
Diverso è il discorso valido per le scuole paritarie, le quali, unitamente alle scuole statali e a quelle degli enti locali, costituiscono per legge il sistema nazionale di istruzione, e sono perciò sottoposte alla stessa disciplina contrattuale nazionale. Il legislatore, tra i requisiti fondamentali per l’accesso allo status di scuola paritaria, ha infatti inserito il vincolo dell’applicazione dei contratti collettivi, ammettendo che si possa ricorrere a prestazione autonome e volontarie al massimo per il 25% dell’attività di docenza complessiva. E così, anche il contratto a progetto - introdotto nell’ordinamento con la riforma Biagi - sembra trovare una limitata applicazione nelle scuole paritarie: esclusa la sua riconducibilità all’area del lavoro subordinato, la sua utilizzazione potrebbe rimanere circoscritta a quel 25% di attività di insegnamento per la quale si può ricorrere a forme di lavoro autonomo. S’aggiunga che lo stesso Ministero dell’Istruzione, già con circolare del 2003, aveva definito come subordinata la prestazione lavorativa del docente di scuola paritaria, come tale soggetta alla disciplina contrattuale di riferimento, ed alle condizioni economiche e normative dalla stessa previste. A tale ultimo proposito, con riferimento alle scuole private non statali, non è raro che queste ultime identifichino come autonomo o parasubordinato il rapporto con i propri docenti per sottrarsi agli obblighi di legge, quali la retribuzione dei mesi estivi, le mensilità aggiuntive, il trattamento di fine rapporto. La Corte di Cassazione si è più volte occupata del problema, risolvendolo a favore del lavoratore. In particolare, ha affermato che sono determinanti ai fini della qualificazione del rapporto come subordinato – e quindi del riconoscimento dei conseguenti benefici di legge -, non tanto il nome giuridico fornito dalle parti, quanto il concreto assoggettamento del docente al potere di coordinamento, di controllo e disciplinare del datore di lavoro; il suo inserimento nell’organizzazione aziendale; il sistema retributivo, commisurato alle ore di insegnamento; l’orario di lavoro fissato con disposizione cogente; attività ausiliarie - colloqui con le famiglie, partecipazioni alle riunioni con gli altri docenti e agli scrutini – ugualmente imposte da superiori istanze; l’inserimento funzionale dell’insegnante nell’impresa scolastica, dove il rischio di gestione grava esclusivamente sul titolare, che mette a disposizione i mezzi strumentali necessari per l’espletamento dell’attività didattica, senza alcuna conseguente assunzione di rischio da parte del docente e senza la benché minima partecipazione del lavoratore all’acquisto degli strumenti predetti.

Domenico Barboni
Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 10 del 16-29 mag. 2008

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