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Lavoro straordinario

STRAORDINARIO RETRIBUITO ANCHE SE OLTRE IL LIMITE
Sono retribuibili le ore straordinarie prestate dal dipendente su incarico dell’amministrazione, anche in eccedenza al limite massimo annuo previsto dagli accordi nazionali e dalle circolari applicative. Così si pronuncia il TAR Puglia – Sezione di Lecce, con sentenza n. 3227 del 15 ottobre 2008. /2008 confermando la prevalenza del principio costituzionale che sancisce l’imprescindibile diritto al compenso per le prestazioni svolte.
La vicenda
Un dipendente pubblico, dopo aver svolto numerosissime ore di straordinario su preciso ordine dell’amministrazione di appartenenza, al momento del pagamento si vedeva opporre dalla stessa pubblica amministrazione un rifiuto motivato sull’argomentazione che il numero di ore di cui si domandava la retribuzione eccedevano il limite massimo previsto da norme concordate e disposizioni ministeriali attuative. Il dipendente chiedeva allora al tribunale amministrativo pugliese che l’amministrazione di appartenenza venisse condannata al pagamento in suo favore della somma richiesta a titolo di compenso per il lavoro straordinario effettuato. Il Tribunale accoglieva le istanze del dipendente. Degna di nota la circostanza che la sentenza definitiva era preceduta dal’emissione di un decreto ingiuntivo in favore del ricorrente.
Motivi della decisione
Il giudice amministrativo muove dalla premessa che, nella vicenda di cui è causa, non sussiste contrasto fra le parti circa l’effettivo svolgimento da parte del dipendente delle ore di lavoro straordinario per cui è chiesto il compenso, né sul fatto che tali prestazioni sono state effettuate in esecuzione di un ordine di servizio adottato dal dirigente competente. Com’è noto, secondo la costante giurisprudenza la retribuibilità del lavoro straordinario prestato dal pubblico dipendente è condizionata dall’autorizzazione preventiva e formale dell’amministrazione di appartenenza. Infatti, solo un atto preventivo e in forma scritta dell’amministrazione può consentire di verificare in concreto la sussistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro, in linea con i principi costituzionali di legalità, buon andamento e imparzialità, secondo i quali devono essere organizzati i pubblici uffici. Addirittura, l’autorizzazione deve contenere l’indicazione nominativa dei dipendenti autorizzati alle prestazioni straordinarie. Solo se il lavoro straordinario è stato svolto per inderogabili esigenze di servizio, è ipotizzabile un successivo atto di ratifica, in forma scritta, nel quale l’amministrazione deve indicare specificamente le ineluttabili necessità di servizio. In mancanza di un riconoscimento formale da parte della pubblica amministrazione dell’utilità del lavoro svolto d’iniziativa, al dipendente nulla spetta, neppure a titolo di indennizzo per arricchimento senza causa. Per l’effetto, è consigliabile pretendere dal diretto superiore una attestazione chiara sulla necessità dello svolgimento del lavoro straordinario nonché sulla quantità di tale lavoro, rendendo così doverosa la prestazione lavorativa, con tutte le conseguenze sul piano retributivo e previdenziale.
Chiarito ciò, il TAR Puglia evidenzia come le ragioni di carattere giuridico che l’amministrazione frappone all’accoglimento della domanda del dipendente sono del tutto inconferenti. Il Ministero infatti deduceva che l’accordo nazionale quadro di amministrazione e i successivi atti applicativi adottati pongono un limite alle prestazioni di lavoro straordinario del personale retribuibili annualmente; con provvedimento motivato del dirigente competente tale limite può essere derogato, ma le ore di straordinario retribuibili mensilmente non possono essere superiori al limite, di tal chè le ore eccedenti tale limite debbono essere trasformate in recupero compensativo.
Il Tribunale ritiene invece che la pretesa del ricorrente non può essere limitata dalla norma che fissa un monte-ore annuo di straordinario che il personale ha diritto a vedersi retribuito in denaro. Senza con questo sostenere che una siffatta disposizione non abbia alcun valore, ma solo che essa non può essere opposta al dipendente che, regolarmente comandato a svolgere servizi per un tempo eccedente il normale orario di lavoro (e anche il predetto monte-ore), pretenda il pagamento del compenso per lavoro straordinario. Incombe invece sul dirigente verificare che non venga superato il monte-ore annuo, disponendo, ad esempio, il recupero compensativo per le ore di straordinario eccedenti il budget finanziario disponibile (il quale costituisce per il dirigente il parametro di riferimento per la corretta gestione del personale). Tale onere non può certo essere addossato al dipendente, il quale, fra l’altro, ha l’obbligo di eseguire gli ordini di servizio, salvo che il loro adempimento con configuri un reato. A voler opinare diversamente, il dipendente sarebbe gravemente pregiudicato, non potendo rifiutarsi di svolgere il lavoro straordinario e non potendo però pretendere il relativo compenso. Per quanto riguarda, poi, il recupero compensativo, la giurisprudenza è concorde nell’affermare che tale forma alternativa di ristoro del dipendente chiamato a svolgere lavoro straordinario deve di norma essere attivata dall’amministrazione datrice di lavoro entro un breve termine dal momento in cui la prestazione lavorativa è stata svolta, pena la sostanziale frustrazione della ratio del recupero compensativo (in terminis, TAR Lecce, II, nn. 8430/2004, 8431/2004 e 8432/2004). Nel caso di specie, invece, sono trascorsi quasi due anni da quando il ricorrente veniva regolarmente comandato a prestare il servizio straordinario ed è quindi impossibile ricorrere all’istituto del recupero compensativo che – come ricordato - per assolvere alla sua funzione tipica, deve essere fruito dal dipendente a ridosso dello svolgimento del lavoro straordinario.
Per effetto di tali argomenti, il giudice accerta il diritto del dipendente al pagamento delle somme richieste a titolo di retribuzione per le ore di straordinario regolarmente svolte.

Anna Nardone
Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 1 del 9-22 gennaio 2009

 

 

STRAORDINARI NELLA “PA” SOLO CON AUTORIZZAZIONE SCRITTA
La retribuibilità del lavoro straordinario prestato dal pubblico dipendente è condizionata dall’autorizzazione preventiva e formale dell’amministrazione di appartenenza.
E’ questa l’opinione del Consiglio di Stato che con decisione del 10 febbraio 2004 n. 472 torna ad occuparsi del tema dello straordinario nel pubblico impiego. Il Consiglio chiarisce che solo un atto preventivo e in forma scritta dell’amministrazione può consentire di verificare in concreto la sussistenza delle ragioni di pubblico interesse che rendono necessario il ricorso a prestazioni lavorative eccedenti l’orario normale di lavoro. Tale esigenza si pone in linea con i principi costituzionali di legalità, buon andamento e imparzialità, secondo i quali devono essere organizzati i pubblici uffici. Addirittura, l’autorizzazione deve contenere l’indicazione nominativa dei dipendenti autorizzati alle prestazioni straordinarie e la specificazione del limite massimo fattibile di ore lavative. Solo se il lavoro straordinario è stato svolto per inderogabili esigenze di servizio, è ipotizzabile un successivo atto di ratifica, in forma scritta, nel quale l’amministrazione deve indicare specificamente le ineluttabili necessità di servizio.
Nel caso in esame, il Consiglio di Stato nega che un’autorizzazione preventiva data con ordine verbale, ovvero una ratifica successiva da parte dell’amministrazione di appartenenza senza l’indicazione delle improrogabili esigenze di servizio, possa valere ai fini della retribuibilità del lavoro straordinario prestato. In entrambi i casi, infatti, manca la possibilità di verificare l’effettiva necessità per l’amministrazione di svolgere ulteriori attività che giustifichino il ricorso al lavoro straordinario e il maggior onere. Il giudice aggiunge anzi che, mancando nella specie alcun riconoscimento formale da parte della pubblica amministrazione dell’utilità del lavoro svolto d’iniziativa, al dipendente nulla spetta, neppure a titolo di indennizzo per arricchimento senza causa. Il Consiglio conclude con una sorta di monito: il dipendente, anziché prestare il lavoro, avrebbe dovuto fin dall’inizio pretendere dal suo diretto superiore una attestazione chiara sulla necessità dello svolgimento del lavoro straordinario in eccedenza rispetto ai limiti orari predeterminati nonché sulla quantità di tale lavoro, rendendo così doverosa la prestazione lavorativa, con tutte le conseguenze sul piano retributivo e previdenziale.

Domenico Barboni

Pubblicato su “Il sole 24 ore” dell’11 marzo 2004.

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