Trattamento di fine servizio
Domenico Barboni
Pubblicato su “Corriere della Sera” 30 aprile 1999, inserto Corriere Scuola.
La legge 29 gennaio 1994 n. 87 ha introdotto, con decorrenza 1° dicembre 1994, il principio del computo dell’indennità integrativa speciale nella base di calcolo della buonuscita. L’articolo 3 della legge ha esteso i benefici previsti “anche ai dipendenti che siano cessati dal servizio dopo il 30 novembre 1984”, subordinando però la loro applicazione alla presentazione di apposita domanda da inoltrarsi “nel termine perentorio del 30 settembre 1994”. Chi non ha presentato a suo tempo nessuna istanza, non ha diritto a tali vantaggi. Siffatta impostazione legislativa ha suscitato notevoli perplessità anche di ordine costituzionale. La legge 87/94 è stata emanata in conseguenza della declaratoria di illegittimità costituzionale delle precedenti disposizioni in materia di trattamento di fine rapporto. In tal senso, quanto previsto dall’articolo 3 - ossia la fissazione di un termine di decorrenza - da un lato, contrasterebbe con la efficacia retroattiva delle sentenze costituzionali, dall’altro, non terrebbe conto delle particolari modalità della cessazione dal servizio degli insegnanti. La Corte, più volte investita della questione, ha però sempre ritenuto legittime le disposizioni della legge in parola, “essendo ragionevole la scelta del legislatore quanto al dato temporale cui ricollegare la decorrenza degli effetti della riforma” (vedi sentenza n. 175/97). Tali decisioni non sembrano soddisfacenti, poiché non dissolvono i dubbi d’incostituzionalità, ma - in ogni caso - è preclusa qualsiasi azione giudiziaria anche perché oramai è intervenuta la prescrizione (quinquennale) del diritto.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Corriere della Sera” 9 aprile 1999, inserto Corriere Scuola.
Il problema attiene ad una questione ampiamente dibattuta in giurisprudenza. Dopo qualche tentennamento iniziale, è stato riconosciuto in modo definitivo che, qualora vi sia una tardiva corresponsione dell’indennità di buonuscita per qualsiasi motivo, l’Inpdap debba anche corrispondere le maggiori somme derivanti dall’applicazione del tasso d’interesse legale, oltre a quelle dovute per il danno derivato dalla eventuale diminuzione di valore (vedi Consiglio di Stato, Sez. VI, 20.1.1998 n. 98; idem, 3.2.1998 n. 143; idem, 16.4.1998 n. 500). La giurisprudenza amministrativa ha, dunque, stabilito che “i crediti a titolo di indennità di buonuscita Inpdap sono produttivi di interessi legali e sono suscettibili di rivalutazione monetaria - indipendentemente dalle cause del ritardo - dalla scadenza del termine di 90 o 105 giorni dalla cessazione del servizio fino alla data di effettivo pagamento”. Ma un aspetto certamente più interessante è dato dal fatto che, per effetto del recente regolamento adottato con il decreto del Ministero del Tesoro 1.9.1998 n. 352, finalmente non è più necessario rivolgersi al giudice per la tutela del diritto alla rivalutazione ed agli interessi legali su tutti i crediti concernenti retribuzioni, pensioni e provvidenze di natura assistenziale. Difatti, alla luce del citato regolamento, che recepisce l’indirizzo costante della giurisprudenza, “gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sono corrisposti d’ufficio”, nella misura e con i criteri previsti dallo stesso decreto. Si tratta di un principio di civiltà e di equità che, finalmente, pone termine a una notevole mole di contenzioso. Quindi, è sufficiente segnalare con lettera il lamentato ritardo alla sede dell’Inpdap territorialmente competente che senz’altro dovrà provvedere.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Corriere della Sera” del 20 novembre 1998, inserto Corriere Scuola.