Diritti sindacali
Il diritto di sciopero da parte del personale scolastico è soggetto ad alcune prescrizioni e limiti al fine di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con la garanzia del diritto all’istruzione e degli altri valori e diritti costituzionalmente tutelati.
Con particolare riguardo agli scrutini, è legittimo per i docenti astenersi dal lavoro anche durante gli scrutini, ai sensi e con i limiti stabiliti dalla L. 146/90 e dalla deliberazione della Commissione di garanzia n. 99/258; con la sola eccezione degli scrutini delle classi terminali, essendo propedeutici allo svolgimento di esami conclusivi dei cicli di istruzione.
Gli scrutini, infatti, non rientrano tra le prestazione essenziali e indispensabili da garantire in caso di sciopero attraverso la formazione di contingenti di docenti. I dirigenti scolastici sono tenuti a formare contingenti solo per il personale ATA e per gli educatori di convitti o educandati, e solo per garantire quei servizi scolastici ritenuti essenziali dalle norme: se il dirigente formasse unilateralmente un contingente di docenti, ovvero di collaboratori per assicurare prestazioni diverse da quelle ritenute essenziali, compirebbe attività antisindacale.
Nello specifico, fermo in ogni caso il divieto di scioperi a tempo indeterminato. ciascuna azione di sciopero non può superare i due giorni consecutivi, e tra un’azione e l’altra deve intercorrere un intervallo di tempo non inferiore a 7 giorni. Tuttavia, i dirigenti scolastici, dopo la notifica dell’azione di sciopero, non possono modificare in anticipo il calendario delle operazioni di scrutinio: tale condotta, ove posta in essere dal dirigente, rappresenterebbe una limitazione della libertà e delle attività sindacali, ed in particolare del diritto di sciopero, e così configurerebbe una condotta antisindacale sanzionabile ai sensi dello Statuto dei lavoratori.
Quando lo scrutinio di un classe viene sospeso per ragioni di sciopero, nell’ambito del calendario delle operazioni la riunione per la classe non scrutinata slitta in coda alle altre già programmate, in base ad una valutazione ispirata al buon andamento amministrativo, poiché c’è comunque obbligo di comunicazione preventiva.
Il docente può esercitare il diritto di sciopero presentandosi alla convocazione del consiglio di classe e dichiarare a verbale che aderisce allo sciopero; può informare preventivamente (oralmente o per iscritto) il dirigente scolastico circa le proprie intenzioni; può semplicemente non presentarsi alla riunione del consiglio di classe. Al fine di garantire pienamente il legittimo esercizio del diritto di sciopero, il dirigente non può sostituire il docente in non può procedere a sostituzioni dei docenti in sciopero, e così lo scrutinio, in assenza del collegio perfetto, lo scrutinio non può avere luogo. Neppure il dirigente può chiedere allo scioperante la consegna del registro personale (o l'inserimento informatico delle proposte di voto nei data base della scuola) così da consentire al consiglio di classe di procedere anche in sua assenza allo scrutinio. In presenza di anche un solo scioperante, lo scrutinio è immediatamente sospeso.
La relativa trattenuta sullo stipendio, trattandosi comunque di sciopero breve, limitato alla durata dello scrutinio, è anch’essa limitata alla durata dello sciopero: cioè l’equivalente del relativo compenso straordinario senza maggiorazione.
Si rammenta che lo sciopero è un’astensione dal lavoro che produce effetti solo sulla retribuzione, ma non sulla carriera, la pensione, le ferie, il periodo di prova.
Anche nell’ipotesi di sciopero durante gli scrutini, la precettazione da parte del governo - Presidente del Consiglio o un Ministro con decreto – può avvenire solo se lo sciopero è illegittimo, cioè quando vi sia un fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente tutelati: ad esempio quando lo sciopero prosegue oltre i due giorni di legge. I lavoratori e i sindacati che non rispettino la precettazione sono destinatari di sanzioni pecuniarie e disciplinari, con esclusione del licenziamento.
Anche la Corte di Cassazione ha avuto occasione di pronunciarsi sulla questione: ”Con riferimento alla disciplina del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, il legittimo esercizio del potere di precettazione è subordinato a due presupposti, l'uno sostanziale integrato dal fondato pericolo di pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti, l'altro formale costituito dall'osservanza di un articolato procedimento per l'emissione dell'ordinanza di precettazione; allorquando ricorrono entrambi i presupposti l'Autorità di governo (o quella delegata) può adottare varie misure autoritarie tra cui, con particolare riferimento al personale della scuola, il divieto di sciopero per il tempo necessario alla effettuazione degli scrutini” (Cass. civ. Sez. I, 5.5.1999, n. 4476; cfr. anche Cass. civ., Sez. lavoro, 29.11.1991, n. 12822).
Domenico Barboni
Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 3 del 4 - 17 febbraio 2011
Anche la disciplina dei permessi per l’assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità è stata di recente modificata per effetto della legge 4.11.2010 n. 183 (c.d. collegato lavoro). Tra le novità più importanti, la fruizione dei permessi è stata limitata ai coniugi, parenti o affini entro il secondo grado; è fatto espresso divieto di concedere il diritto di assistere la stessa persona a più di un lavoratore, salva l’ipotesi di assistenza del figlio con handicap grave; il diritto a scegliere la sede lavorativa più vicina al proprio domicilio è trasformato in diritto di scegliere la sede lavorativa più vicina al domicilio della persona da assistere; vengono introdotti obblighi per l’amministrazione di comunicare alla Funzione Pubblica i nominativi di tutti i dipendenti che fruiscono dei permessi in oggetto.
Nel dettaglio, la nuova disciplina in materia di permessi per l'assistenza a portatori di handicap in situazione di gravità (cfr. articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104) prevede che, a condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado - ovvero anche entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti - ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l'assistenza alla stessa persona. Tuttavia, per l'assistenza al figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente. Il medesimo lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede. Infine, il lavoratore decade dal diritto ai descritti benefici qualora il datore di lavoro o l'INPS accerti l'insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti.
Ulteriori modifiche state apportate al testo unico in materia di sostegno della maternità e della paternità: successivamente al compimento del terzo anno di età del bambino con handicap in situazione di gravità, il diritto a fruire dei permessi è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente, anche in maniera continuativa nell'ambito del mese.
E’ stato poi introdotto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica i nominativi dei propri dipendenti cui sono accordati i permessi specificando se i permessi sono fruiti dal lavoratore con handicap in situazione di gravità, dal lavoratore o dalla lavoratrice per assistenza al proprio figlio, per assistenza al coniuge o per assistenza a parenti o affini; il nominativo di questi ultimi, l'eventuale rapporto di dipendenza da un'amministrazione pubblica e la denominazione della stessa, il comune di residenza dell'assistito; il rapporto coniugale, il rapporto di maternità o paternità o il grado di parentela o affinità intercorrente tra ciascun dipendente che ha fruito dei permessi e la persona assistita; per i permessi fruiti dal lavoratore padre o dalla lavoratrice madre, la specificazione dell'età maggiore o minore di tre anni del figlio; il contingente complessivo di giorni e ore di permesso fruiti da ciascun lavoratore nel corso dell'anno precedente e per ciascun mese.
La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica istituisce e cura una banca di dati in cui confluiscono le comunicazioni degli anzidetti dati, coperti – ovviamente - dalle dorme a tutela della riservatezza.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 22 del 24 dicembre 2010 - 6 gennaio 2011
Una lettura costituzionalmente orientata della norma che ammette, in via d’eccezione, i professori universitari e quelli di scuola superiore all’esercizio della professione di avvocato (art. 3, comma 4, a), R.D.L. 1578/1933), non esclude la compatibilità dell'attività di docente della scuola elementare statale con l’esercizio della professione forense e ne consente l'iscrivibilità all'albo degli avvocati ove il soggetto ne abbia i requisiti richiesti. Così decidono le Sezioni Unite della Cassazione con sentenza n. 22623 resa il 12 ottobre 2010, aprendo un ulteriore varco alla libertà del personale docente di esercitare la professione forense.
La ragione del rigetto di iscrizione opposto dal Consiglio nazionale forense era indicata nella circostanza che l'attività di insegnante elementare, retribuita con stipendio a carico del bilancio dello Stato, non è compresa tra le situazioni soggettive che la legge pone in termini di eccezione al generale ed inderogabile regime di incompatibilità, limitando tali situazioni solo a quelle dei docenti universitari e degli insegnanti degli istituti secondari dello Stato.
Secondo le Sezioni Unite della Cassazione, la limitazione è irragionevole, difettando una distinzione, quanto alla funzione esercitata, tra insegnante della scuola elementare e insegnante di istituto secondario; è invece possibile una interpretazione estensiva della norma eccezionale.
Soccorre anche la Corte costituzionale che nella sentenza n. 390 del 2006 afferma che l'eccezione al regime di incompatibilità stabilita dall'art. 3, comma 4, lettera a), R.D.L. n. 1578 del 1933, deve essere considerata alla luce del principio costituzionale della libertà dall’insegnamento (art. 33 Cost.), dal quale discende che il rapporto di impiego (ed il vincolo di subordinazione da esso derivante), come non può incidere sull'insegnamento (che costituisce la prestazione lavorativa), così, ed a fortiori, non può incidere sulla libertà richiesta dall'esercizio della professione forense. Se questa è la ragione della norma in esame, allora appare piuttosto evidente l’irragionevolezza di circoscrivere l'eccezione ai soli docenti universitari e agli insegnanti degli istituti secondari, escludendo gli insegnanti elementari. Quest'ultimi, infatti, godono della medesima “libertà di insegnamento” ed esercitano una identica funzione. La funzione docente è, anch'essa, espressione di una scelta legislativa che non distingue scuola elementare e scuola media, affermando che «la funzione docente è intesa come esplicazione essenziale dell'attività di trasmissione della cultura, di contributo alla elaborazione di essa e di impulso alla partecipazione dei giovani a tale processo e alla formazione umana e critica della loro personalità».
Unitariamente, infine, è trattato il reclutamento del personale docente, che, per essere impiegato nella scuola elementare, deve essere in possesso di un diploma di laurea.
Rilevata irragionevolezza, stante l'unitarietà della funzione docente, dell'esclusione degli insegnanti elementari dall'area di eccezione alla incompatibilità generale con la professione forense, un possibile rimedio è l’interpretazione estensiva della norma eccezionale.
Infatti, la Corte, riguardo alle norme eccezionali, se ha sempre escluso la possibilità di un’interpretazione analogica, ha, tuttavia, ammesso la possibilità di una interpretazione estensiva (Cass. nn. 5297 del 2009; 17396 del 2005; 9205 del 1999), come quella cui dovrebbe farsi ricorso nell'ipotesi in esame.
Si tratta, nel caso di specie, non di stabilire una nuova eccezione alla "regola", bensì di esplicitare quanto è già individuabile nel contenuto della norma in coerenza con l'identità di ratio. In tal modo di offre una lettura costituzionalmente orientata della norma (art. 3, comma 4, a), R.D.L. n. 1578 del 1933) fino ad ammettere la compatibilità dell'attività di docente della scuola elementare statale con l’esercizio della professione forense e l'iscrivibilità all'albo degli avvocati ove il soggetto ne abbia i requisiti richiesti.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 21 del 10 - 23 dicembre 2010
L’assemblea sindacale costituisce uno strumento di partecipazione diretta di tutti i lavoratori ai problemi sindacali e del lavoro. Secondo le disposizioni di contrattazione collettiva, il personale scolastico con contratto a tempo indeterminato e determinato ha diritto a partecipare, durante l'orario di lavoro, ad assemblee sindacali, in idonei locali sul luogo di lavoro concordati con il dirigente scolastico, per complessive dieci ore per dipendente in ciascun anno scolastico, senza decurtazione della retribuzione.
In ciascuna scuola non possono essere tenute più di due assemblee al mese.
Le assemblee possono essere indette singolarmente o congiuntamente da una o più organizzazioni sindacali rappresentative nel comparto; dalla RSU nel suo complesso e non dai singoli componenti; dalla RSU congiuntamente con una o più organizzazioni sindacali rappresentative del comparto.
Le assemblee coincidenti con l’orario di lezione si svolgono all’inizio o al termine delle attività didattiche giornaliere di ogni scuola interessata all’assemblea. Le assemblee del personale ATA possono svolgersi in orario non coincidente con quello delle assemblee del personale docente, comprese le ore intermedie del servizio scolastico.
Le assemblee del personale docente possono essere indette anche in orario di servizio per attività funzionali all’insegnamento.
Ciascuna assemblea può avere una durata massima di due ore se si svolge a livello di singola istituzione scolastica.
La convocazione dell’assemblea, la durata, la sede e l’eventuale partecipazione di dirigenti sindacali esterni sono rese note dai soggetti sindacali promotori almeno sei giorni prima, con comunicazione scritta ai dirigenti scolastici delle scuola interessate all’assemblea.
La comunicazione deve essere affissa, nello stesso giorno in cui è pervenuta, all’albo della scuola. Alla comunicazione va unito l’ordine del giorno. Nel termine delle successive quarantotto ore, altri organismi sindacali possono presentare richiesta di assemblea per la stessa data e la stessa ora concordando un’unica assemblea congiunta o - nei limiti consentiti dalla disponibilità di locali - assemblee separate.
Contestualmente all’affissione all’albo, il dirigente scolastico ne farà oggetto di avviso, mediante circolare interna, al personale interessato all’assemblea al fine di raccogliere la dichiarazione individuale di partecipazione espressa in forma scritta del personale in servizio nell’orario dell’assemblea. Tale dichiarazione fa fede ai fini del computo del monte ore individuale ed è irrevocabile. La dichiarazione è irrevocabile perché la sospensione del servizio è comunicata alle famiglie. Il dirigente scolastico potrebbe accogliere adesioni date oltre il termine solo se può ancora avvisare le famiglie o sostituire il docente. Il medesimo può negare la partecipazione solo a chi ha superato le dieci ore: chi partecipa ad assemblee in orario di lavoro per oltre dieci ore subisce la riduzione di stipendio per le ore eccedenti e potrebbe anche essere sottoposto a procedimento disciplinare per assenza ingiustificata, senza che in ciò si ravvisi un comportamento antisindacale a carico del dirigente.
La dichiarazione di adesione vale come partecipazione all’assemblea per il calcolo delle dieci ore concesse dal contratto. Il dirigente scolastico non deve rilevare la presenza dei partecipanti o chiedere attestati di partecipazione. Né il sindacato deve rilasciare nessuna dichiarazione su chi è presente in assemblea.
Il dirigente scolastico, per le assemblee in cui è coinvolto anche il personale docente sospende le attività didattiche delle sole classi i cui docenti hanno dichiarato di partecipare all’assemblea, avvertendo le famiglie interessate e disponendo gli eventuali adattamenti di orario, per le sole ore coincidenti con quelle dell’assemblea, del personale che presta regolare servizio. Il dirigente può infatti invertire le ore dì lezione oppure può sostituire il docente che va in assemblea con uno che non vi partecipa. Non vi è alcuna analogia con la sostituzione di personale in sciopero che invece si configura come attività antisindacale.
Per le assemblee in cui è coinvolto anche il personale ATA, se la partecipazione è totale, il dirigente stabilirà, con la contrattazione d’istituto, la quota e i nominativi del personale tenuto ad assicurare i servizi essenziali relativi alla vigilanza agli ingressi alla scuola, al centralino e ad altre attività indifferibili coincidenti con l’assemblea sindacale. Anche in questo caso non vi è analogia con i servizi minimi in caso di sciopero. Se partecipa tutto il personale ausiliario il dirigente scolastico non può per questo motivo sospendere le lezioni.
Non possono essere svolte assemblee sindacali in ore concomitanti con lo svolgimento degli esami e degli scrutini finali.
Le riunioni possono essere svolte anche al di fuori dell’orario di servizio del personale, fermo restando l’obbligo da parte dei soggetti sindacali di concordare con i dirigenti scolastici l’uso dei locali e la tempestiva affissione all’albo da parte del dirigente scolastico della comunicazione riguardante l’assemblea.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 3 del 5 - 18 febbraio 2010
Tra le prerogative sindacali riconosciute dalle norme vigenti al personale della scuola il diritto di sciopero riveste un ruolo di grande rilievo. Lo sciopero non è un’assenza, ma un’astensione dal lavoro che produce effetti solo sulla retribuzione, ma non sulla carriera, la pensione, le ferie, il periodo di prova.
Le prestazioni indispensabili, al fine di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con la garanzia del diritto all’istruzione e degli altri valori e diritti costituzionalmente tutelati, sono lo svolgimento di scrutini ed esami; la vigilanza sui minori durante i servizi di refezione; la vigilanza degli impianti e delle apparecchiature; la raccolta, allontanamento e smaltimento dei rifiuti tossici, nocivi e radioattivi; il pagamento degli stipendi e delle pensioni; i servizi indispensabili nelle istituzioni educative, con particolare riferimento alla cucina ed alla mensa ed alla vigilanza sugli allievi anche nelle ore notturne.
Lo svolgimento regolare delle lezioni non è incluso tra le prestazione essenziali e indispensabili da garantire in caso di sciopero, attraverso la formazione di contingenti di docenti. Infatti i dirigenti scolastici formano contingenti solo per il personale ATA e per gli educatori di convitti o educandati, e solo per garantire quei servizi scolastici ritenuti essenziali dalle norme: se il dirigente formasse unilateralmente un contingente di docenti, ovvero di collaboratori per assicurare prestazioni diverse da quelle ritenute essenziali, compirebbe attività antisindacale.
L’adesione dei lavoratori agli scioperi viene comunicata volontariamente ai capi d'istituto. Non sussiste quindi alcun obbligo di previa informazione a carico del personale della scuola, il quale può decidere di aderire anche il giorno stesso dello sciopero. Tuttavia, se il lavoratore comunica la propria adesione allo sciopero, è facoltà del dirigente rifiutare la prestazione tardiva che il lavoratore volesse poi offrire decidendo di non aderire più.
Sulla base dei dati conoscitivi disponibili, i capi d'istituto valutano l'entità della riduzione del servizio scolastico e, almeno cinque giorni prima dell'effettuazione dello sciopero, comunicano le modalità di funzionamento o la sospensione del servizio alle famiglie e all’ufficio scolastico provinciale.
I capi d’istituto, in occasione di ciascuno sciopero, individuano - sulla base anche della comunicazione volontaria del personale - i nominativi del personale da includere nei contingenti tenuti alle prestazioni indispensabili – come definite nell’intesa - ed esonerati dallo sciopero stesso per garantire la continuità delle prestazioni essenziali definite del medesimo accordo. Il soggetto individuato ha il diritto di esprimere, entro il giorno successivo alla ricezione della predetta comunicazione, la volontà di aderire allo sciopero chiedendo la conseguente sostituzione, nel caso sia possibile. Si sottolinea che nella scuola si formano contingenti solo per il personale ATA e per gli educatori di convitti o educandati, ma non per i docenti in generale.
In caso di adesione allo sciopero del capo d’istituto, le relative funzioni essenziali e urgenti vengono svolte dal vicario, o da uno dei collaboratori o dal docente più anziano d’età in servizio.
Sempre al fine di garantire i servizi essenziali e le relative prestazioni indispensabili, sono vietati scioperi a tempo indeterminato: gli scioperi non possono avere una durata complessiva superiore a otto giorni per anno scolastico nelle scuole materne ed elementari, e a dodici giorni negli altri ordini e gradi di istruzione; ogni sciopero non può superare i due giorni consecutivi; tra un’azione e la successiva deve intercorrere un intervallo di tempo non inferiore a sette giorni; gli scioperi brevi - alternativi rispetto agli scioperi indetti per l’intera giornata - possono essere effettuati soltanto nella prima oppure nell’ultima ora di lezione.
I capi d’istituto e gli organi dell’amministrazione scolastica sono tenuti a rendere pubblici i dati relativi all’adesione allo sciopero dopo la sua effettuazione, trasmettendo un comunicato alla stampa e alle reti radiotelevisive.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Il Sole 24 Ore Scuola” n. 3 del 5 - 18 febbraio 2010
Domenico Barboni
Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 20, 9 dicembre 2005 - 12 gennaio 2006
Domenico Barboni
Pubblicato su “ Il Sole 24 Ore Scuola” n. 20, 9 dicembre 2005 - 12 gennaio 2006
Pubblicato su “il sole 24 ore scuola” dell’11 giugno 2004.