Divieto di fumo
FUMO: IL DIVIETO A SCUOLA
Com’è noto, a decorrere dal 10 gennaio 2005 è entrata in vigore la disciplina sulla tutela della salute dei non fumatori di cui alla legge n. 3/2003, la quale ha come obiettivo la massima estensione del divieto di fumare. Il divieto di fumare trova applicazione nei luoghi di lavoro e in generale in tutti i locali chiusi, pubblici e privati, che siano aperti al pubblico o ad utenti - comprendendosi nella nozione di utenti gli stessi lavoratori. È evidente che il divieto di fumare riguarda anche le scuole, in relazione alle quali era già previsto il divieto totale di fumo, così come per tutti i luoghi di lavoro pubblici, quali ospedali, uffici della pubblica amministrazione, autoveicoli pubblici per il trasporto collettivo di persone, taxi, metropolitane, treni, sale di attesa di aeroporti, stazioni ferroviarie, autofilotranviarie e portuali-marittime, biblioteche, musei, pinacoteche. Con riferimento agli istituti scolastici, iI dirigente, quale datore di lavoro, deve mettere in atto e far rispettare il divieto di fumare, essendo responsabile per danni alla salute eventualmente causati dal fumo ai dipendenti, ma non ha alcun un obbligo, bensì una mera facoltà, di creare zone riservata ai fumatori. Per quanto concerne specificamente il regime sanzionatorio, è previsto un inasprimento delle sanzioni amministrative per i trasgressori al divieto di fumo e per coloro – nella specie, i dirigenti scolastici - cui spetta di curare l'osservanza del divieto, qualora non ottemperino al loro compito. Con l'accordo definito nella seduta della Conferenza Stato-Regioni del 16 dicembre 2004 si sono definite le procedure per l'accertamento delle infrazioni e l'individuazione dei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali nell’ambito delle pubbliche amministrazioni. Va precisato, in questo senso, che i dirigenti preposti alle strutture amministrative individuano con atto formale i soggetti cui spetta vigilare sull'osservanza del divieto, accertare e contestare le infrazioni. Resta inteso che, ove non vi abbiano provveduto, spetta agli stessi dirigenti esercitare tale attività di vigilanza, di accertamento e di contestazione, incorrendo in mancanza nelle citate responsabilità. Il responsabile addetto alla vigilanza avrà cura di vegliare sull'osservanza dell'applicazione del divieto; di accertare le infrazioni, contestando immediatamente al trasgressore la violazione; di redigere il verbale di contestazione, che deve dare atto dell'avvenuto richiamo da parte del responsabile della struttura o suo delegato e contenere - oltre agli estremi del trasgressore, della violazione compiuta e delle modalità con le quali può avvenire il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta - l'indicazione dell'autorità cui far pervenire scritti difensivi; di notificare il verbale ovvero, quando non sia possibile provvedervi immediatamente, di assicurare la notifica a mezzo posta (entro novanta giorni dall'accertamento dell'infrazione). Nella non facile attuazione pratica di tali prescrizioni, e in attesa che il Ministero dell’istruzione provveda ad emanare specifiche direttive, i dirigenti scolastici ricorrono all’applicazione analogica delle disposizioni ministeriali esistenti, ritenendo di individuare i soggetti cui affidare l’incarico di vigilanza, accertamento e contestazione delle infrazioni al divieto di fumo – tanto da parte del personale docente e non docente, tanto da parte degli alunni - tra i docenti ovvero tra il personale Ata - collaboratori scolastici, direttori dei servizi generali e amministrativi o personale incaricato a sostituire il direttore dei servizi generali e amministrativi. Tale individuazione deve però tener conto necessariamente delle mansioni e delle funzioni contrattualmente previste: ad esempio, per i docenti l’obbligo di vigilanza sugli alunni è previsto solo durante le ore di lezione, in classe nei cinque minuti prima dell’inizio della lezione, durante il servizio di mensa e durante le ricreazione, se incaricati; nell’ambito del personale Ata, la vigilanza compete esclusivamente ai collaboratori scolastici, mentre – almeno in linea teorica – non potrebbe loro essere affidato anche il compito di accertare, contestare e verbalizzare l’infrazione, compito che dovrebbe semmai spettare o a un diretto collaboratore del dirigente scolastico, o al direttore dei servizi generali e amministrativi. Infine, anche se le norme richiamate sembrano occuparsi e preoccuparsi principalmente dell’individuazione dei soggetti cui spetta di vigilare sull’osservanza del divieto, di accertare e contestare le infrazioni non bisogna dimenticare che il vero obiettivo della nuova disciplina è la tutela della salute, e la sensibilizzazione ai reali pericoli per sé e per gli altri del fumo - la più importante causa di morte prematura e prevenibile in Italia, e uno dei più gravi problemi di sanità pubblica a livello mondiale.
Domenico Barboni
Pubblicato su “il sole 24 ore scuola” dell’11 febbraio 2005.
SIGARETTE AL BANDO
Coinvolge tutti l’acceso dibattito che ha innescato il ministro della Sanità Pubblica Umberto Veronesi con la presentazione di un progetto legge, ricalcato su quello già presentato dall’allora ministro della sanità Rosy Bindi, sul divieto di fumare.
L’antica guerriglia tra fumatori e non fumatori è destinata ad essere alimentata dalla notizia della recente approvazione nel Consiglio dei Ministri dello “schema di disegno legge recante disposizioni organiche sul divieto di fumare”. Scontri e guerre senza frontiere già annunciate dalle diverse associazioni di fumatori, sollecite nel ricordare al ministro Veronesi che 14 milioni di fumatori costituiscono altrettanti elettori pronti a far sentire la propria voce nelle vicine elezioni.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza.
L’art. 1 individua i luoghi in cui è vietato fumare aggiungendo a quelli già indicati dalla l. 584/75 – attualmente in vigore -, i ristoranti e “qualsiasi altro locale in cui si somministrino alimenti e bevande”. Un indubbio peggioramento per coloro i quali amano concedersi una sigaretta dopo il caffè, una manna dal cielo per i non fumatori che del divieto di fumo in bar e ristoranti ne hanno fatto una crociata.
Un temperamento al divieto è offerto dall’art. 2 che prevede apposite aree per fumatori, prescrivendo l’utilizzo di idonei impianti di ventilazione e una separazione fisica dai locali per non fumatori. Nessun problema dunque. Tuttavia, se si considera che la maggior parte dei bar ‘dietro l’angolo’ non ha la capienza necessaria per predisporre apposite aree per fumatori, ben si comprende il motivo delle numerose proteste degli esercenti di bar e servizi di ristorazione.
Anche nella l. 584/75 è prevista la possibilità di evitare il divieto di fumo attraverso la predisposizione di impianti di condizionamento d’aria o di ventilazione, ma si consideri che per un verso il temperamento si riferisce solo ad una specifica tipologia di locali (cinema, teatri, pinacoteche, etc.); per l’altro verso non è prescritta la separazione fisica dei locali ma, soprattutto, il problema neanche si pone perché il divieto non è esteso a bar e ristoranti.
L’innovazione che si ritiene significativa è quella della estensione del divieto anche ai luoghi in cui si svolge attività lavorativa.
La Corte Costituzionale nel 1996 era già stata investita della questione attraverso l’eccezione di incostituzionalità della l. 584/75 per contrasto con la Costituzione nella misura in cui, non prescrivendo il divieto di fumare nei luoghi di lavoro, contrastava con il diritto alla salute riconosciuto dalla Carta fondamentale. I promotori erano stati più di trecento dipendenti di un istituto bancario che rivendicavano il loro diritto alla salute avverso il diritto dei colleghi di fumare in ambienti non gravati dal suddetto divieto. La Corte Costituzionale, per la cronaca, rigettò l’istanza. La questione quindi non è nuova ed obiettivamente era facile immaginare che il divieto sarebbe stato esteso ai luoghi di ‘convivenza forzata’ quali quelli di lavoro. Ma il divieto non è del tutto nuovo. Le prime avvisaglie normative si sono avute con una direttiva della Presidenza del Consiglio del 1995 che estendeva il divieto di fumare anche nei locali delle pubbliche amministrazioni ed in quelli dei privati esercenti servizi pubblici; in entrambi io casi doveva trattarsi di ‘locali aperti al pubblico’. Il progetto Veronesi è stato, dunque, l’epilogo di un iter legislativo e culturale.
Una legge dura che, a parere di chi scrive, incontrerà molta resistenza in fase applicativa. Si dubita che l’inasprimento delle sanzioni pecuniarie assicurerà quel rispetto del divieto fino ad oggi ampiamente disatteso.
Ognuno può legittimamente difendere i propri diritti e i fumatori non fanno nulla di male a difendere i propri interessi. Per lo stesso principio però dovrà essere rispettato il testo cogente. Le argomentazioni sottese al progetto, del resto, non sono del tutto peregrine e le recenti indagini sul fumo ne aumentano la consistenza.
Smettere di fumare apporta incontestabili benefici. Tra l’altro allunga la vita, e ciò dovrebbe essere risolutivo, a meno che non si abbia in mente la sconsolata fobìa di Woody Allen: “Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana in più, e in quella settimana pioverà a dirotto”.
Domenico Barboni
Pubblicato su “Vivereoggi” n. 7, novembre 2000.
Attuazione
REPRESSIONE O INFORMAZIONE
La concreta applicazione del divieto di fumo all’interno degli istituti scolastici non è certamente facile e immediata. A scuola, e soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, il fumo è un fenomeno molto diffuso, legato a significati che con l’avanzare dell’età normalmente si perdono, quale momento di dimostrazione della propria personalità e maturità, e quale occasione di incontro e socializzazione tra i ragazzi.
Uno degli spetti più problematici è quello legato all’osservanza del divieto di fumare e alla punizione della sua violazione, anche in relazione alle responsabilità in cui incorre il dirigente scolastico, ovvero il soggetto dal medesimo incaricato, ove non assicuri il rispetto della prescrizione. E così, i dirigenti ricorrono alle iniziative più disparate e talora discutibili. C’è chi impone il divieto di fumare per docenti e studenti anche all’aria aperta, nel giardino dell’istituto, durante la ricreazione motivando tale divieto assoluto – con riferimento agli insegnanti – con la necessità di evitare ogni tipo di cattivo esempio per i ragazzi; chi crea appositi spazi per i fumatori che ben presto si rivelano invivibili, perché troppo saturi di persone e soprattutto di fumo; chi giunge a chiudere i bagni durante la ricreazione per combattere il costume - subito affermatosi nelle scuole - di trasformare quei luoghi, durante l’intervallo tra le lezioni, in zone franche dove gli studenti si accalcano a fumare; chi, in generale, realizza una sorta di costante presidio dei bagni da parte dei collaboratori scolastici, spesso dotati di libretto per le contravvenzioni.
E’ nota alle cronache la vicenda della preside di un liceo romano che ha deciso di chiudere durante la ricreazione i bagni, dove per sfuggire al divieto gli studenti si rifugiavano a fumare, trasformandoli in impenetrabili camere a gas, gravemente dannose per la loro salute e per quelle degli studenti non fumatori, ugualmente in diritto di usufruire dei servizi. Gli alunni del liceo, per reagire a tale misura, hanno deciso di disertare le lezioni finché la dirigente non ha ritenuto di revocare il provvedimento e di convocare tutte le componenti d’istituto al fine di trovare una soluzione che coniughi il divieto di fumare con le esigenze di fumatori e non fumatori, studenti e docenti.
Quello di bagni – dove, evidentemente, non vige alcuna deroga al divieto di fumare - è certamente un problema difficile da gestire per i responsabili degli istituti scolastici. Le misure adottate spesso non vengono ben accolte dagli studenti, che lamentano di sentirsi troppo sorvegliati. Così come fortemente disapprovate sono le misure repressive adottate.
Non si può negare che la migliore strada per giungere ad una soluzione del problema è quella del dialogo – anche attraverso la provocazione, come nel caso della preside romana che è arrivata a mettere insieme le parti contrapposte attraverso una misura drastica è apparentemente esasperata quale la chiusura dei bagni della scuola.
Prima ancora, i ragazzi devono essere educati e informati, resi consapevoli dei danni che il fumo arreca alla salute propria e degli altri; devono imparare che si può affermare la propria personalità e socializzare anche in un modo diverso e meno nocivo del fumare una sigaretta. Attraverso questa sensibilizzazione, anche la sanzione comminata a chi trasgredisce al divieto di fumare diventa uno strumento più comprensibile ed efficace.
In questo disegno di persuasione dei giovani, un ruolo fondamentale è riservato all’esempio offerto non solo dagli insegnanti, ma dagli adulti in generale, e in particolare dagli esponenti delle istituzioni, maggiormente visibili. Certo che se poi accade che nei palazzi della politica si fuma ancora sapendo di fumare contro le legge, a destra e a sinistra, più al senato che alla camera, diventa più difficile, anche se non impossibile, lo sforzo educativo verso il rispetto della salute propria e altrui, e, soprattutto, verso il rispetto della legalità.
Domenico Barboni
Pubblicato su “il sole 24 ore scuola” dell’11 febbraio 2005.